Waste Recycling, pirogassificatore ancora senza collaudo

03 Gennaio 2016 14:16

Ha fatto notizia il cambio di proprietà della Waste Recycling, azienda recentemente passata sotto la proprietà del gruppo Hera, operante nel settore multiutility. In attesa di conoscere gli sviluppi di questo nuovo corso, che si snoderà a questo punto fra Bologna, città dove ha sede il gruppo e Castelfranco Di Sotto, è ancora da sciogliersi anche il nodo del pirogassificatore.

Al centro negli anni scorsi di una lunga battaglia giocatasi fra le piazze, l’aula del consiglio comunale e le aule del Tar di Firenze, l’impianto da tempo non fa parlare di sé, proprio dalla chiusura di quell’iter legale, conclusosi con un via libera a procedere con il collaudo, in due fasi, del discusso impianto. Tale decisione apriva all’epoca, un periodo che, con il consenso definitivo del Consiglio di Stato, avrebbe dovuto avviare i macchinari a una fase di collaudo, prima con l’incenerimento di biomasse, poi con i rifiuti. Proprio questo periodo di prova però, secondo le ultime indiscrezioni, parrebbe essere stato minato da una sequela di problematiche tecniche tali da aver reso a dir poco intermittente il funzionamento delle apparecchiature. Una situazione non nuova in realtà, presentatasi già quando in attesa del verdetto finale dei giudici, l’azienda fu autorizzata ad accendere le macchine.

La storia, tra tribunali e pareri
La prova delle strutture, si difese allora la Waste, era invero da considerarsi parte integrante della messa a punto dell’impianto, in un andare avanti di tutta la vicenda che, si disse, aveva comunque già compromesso con le lungaggini legali, alcuni elementi delicati delle apparecchiature. La situazione nei mesi centrali dell’anno, appena conclusosi, passati fra accensioni e spengimenti, non sembra in realtà essere progredita. L’impianto, che a maggio 2015 era fermo, dal 3 novembre 2014 al 3 gennaio 2015 ha funzionato a intermittenza e per un numero di ore complessive definite “irrisorie” anche in alcuni documenti della Provincia di Pisa, pare a causa di diverse rotture delle componenti, per adeguamenti del software ed altre problematiche. Nel secondo periodo di prova, dal 3 aprile al 20 maggio dell’anno scorso, l’impianto è stato acceso complessivamente per 25 ore in tutto, tanto da rendere difficoltoso anche il collaudo stesso delle strutture, accese per 8 ore consecutive soltato un giorno. “Ci sono state alcune fermate in parte dovute a rotture (refrattario) ed altre programmate per effettuare adeguamenti del software” si legge in un documento indirizzato dall’azienda ad Arpat, con particolare riferimento alla fase 1 del collaudo, con la combustione a biomasse. La seconda fase, con alimentazione a rifiuti, non sembra aver differito nei risultati. Se i numeri sono utili quantomeno a ritenersi collaudato il sistema di controllo e di monitoraggio, molti sembrano essere i problemi rilevati alle apparecchiature adibite al trattamento termico vero e proprio: “intasamento del sistema di pressatura e alimentazione del rifiuto”, “problemi all’alimentazione, al collegamento alle termocamere e pirometri”, “anomalie al fusore delle ceneri” e via dicendo si legge nel documneto.

Una storia di piazza e d’avvocati. Potremmo riassumere così i tratti del ricorso al Tar sul pirogassificatore, che ha tenuto castelfranchesi e dirigenti dell’azienda col fiato sospeso per oltre tre anni. Dopo la prima sentenza nel febbraio 2012, che aveva sostanzialmente risposto positivamente alle preoccupazioni dei ricorrenti infliggendo all’azienda il blocco dei lavori per l’impianto. Poi una sentenza del Consiglio di Stato, a fine maggio dello stesso anno, aveva parzialmente cambiato le carte in tavola. Con l’accoglimento parziale delle istanze della Waste Recycling, che denunciava un danno economico rilevante, causato dal blocco dei lavori a metà dell’opera col conseguente rischio di far saltare tutti i contratti con le ditte che collaboravano alla costruzione, il Consiglio aveva dato il via libera all’ultimazione dell’impianto senza, però, concederne l’entrata in esercizio fino a sentenza definitiva del Tar. Mesi dopo, a lavori di costruzione quasi conclusi, il 20 novembre 2012 si tenne l’incontro decisivo di fronte ai giudici del Tar di Firenze. Presenti con i legali i tre ricorrenti originari contro l’impianto, ovvero comune di Castelfranco di Sotto e comuni limitrofi, Comitato Antinquinamento e Rifondazione Comunista. Il 20 dicembre 2012 il Tar accoglise i ricorsi, Waste Recycling annunciava appello al Consiglio di Stato, impugnava il tutto e chiedeva la sospensione temporanea della sentenza del Tar, a lei sfavorevole, per effettuare un collaudo di tre mesi delle strutture. Il 26 febbraio 2013 il Consiglio accolse la richiesta dell’azienda, che a quel punto si trova libera di collaudare l’impianto secondo il protocollo stabilito. Decisione ribadita anche ad agosto, quando si concede una proroga. Il collaudo però non ha luogo: a gennaio del 2014 è l’Arpat a prendere atto di questo dopo un sopralluogo in azienda. Le carte richieste dal giudice non sono prodotte e si attende quindi la decisione finale. A fine mese, poi, si ha la sentenza definitiva che dà ragione all’azienda in merito all’autorizzazione a procedere, a seguito della quale l’azienda si organizza, per buona parte dell’anno, al fine di ripartire coi lavori.

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