Inceneritori, il caso Modena: «Ecco la cruda verità: utili solo con il teleriscaldamento»

Incenerire rifiuti (o meglio resti ) è pratica stolta e andrebbe presa in considerazione solo su quanto rimane dopo una separazione differenziata spinta. La raccolta differenziata è ineludibile,… di Pietro Bertolaso*

MODENA. Incenerire rifiuti (o meglio resti ) è pratica stolta e andrebbe presa in considerazione solo su quanto rimane dopo una separazione differenziata spinta. La raccolta differenziata è ineludibile, perché virtuosa e vantaggiosa sia economicamente che dal punto di vista della salvaguardia della salute e dell’ambiente. Le materie prime secondarie consentono generalizzati risparmi rispetto all’impiego di materiali primari, che sono destinati ad esaurirsi perché presenti in quantità finita su questa terra (petrolio, plastica, metalli, vetro). Con la frazione organica umida, essiccata, si può ottenere un “compost” da utilizzare come emendante e fertilizzante per i terreni coltivati.

GLI INCENERITORI. Sono tra gli impianti più inquinanti. Bruciano ad alte temperature, dagli 850 ai 1300 gradi centigradi. Il 25 % di ciò che brucia (1 tonnellata su 4) rimane al fondo come scorie solide, classificate pericolose e di difficile gestione (finiscono in discariche o miniere dismesse o come additivi in prodotti vari, peggiorandone la qualità e le prestazioni). Dal camino escono, ogni anno, miliardi di m3 di vapori ad alta temperatura che contengono sostanze pericolosissime, tra le quali diossine, furani e particelle piccolissime e malefiche dette nanopolveri (la diossina tcdd è 2 milioni di volte più tossica rispetto all’arsenico, classico veleno ben noto). Le nanopolveri non vengono trattenute da alcun filtro, entrano negli alveoli dei bronchi e da lì nelle cellule, infiammandole con risultati spesso nefasti. Per ridurre le diossine emesse da un inceneritore occorre bruciare a temperature più alte, ma in tal modo si producono più nanopolveri. Dalla padella nella brace: non si scappa.

E ALL’ESTERO? Il famoso inceneritore di Vienna (nato nel 1971) era stato costruito per fornire riscaldamento al vicino ospedale. Ora è obsoleto ma, grazie alle decorazioni poste su di esso, è diventato il marchio turistico intoccabile della città. Nei Paesi Nordici (Svezia, Norvegia) ci sono inceneritori finalizzati sempre al teleriscaldamento di edifici pubblici e privati. Anche lì però si sta verificando un fenomeno particolare. Negli stessi Paesi vige consolidata una efficiente raccolta differenziata dei rifiuti, che finisce con l’affamare gli inceneritori e rendere problematico il loro funzionamento. Ecco allora che tali Paesi ricorrono all’acquisto dei rifiuti di Paesi meno virtuosi per consentire di alimentare gli inceneritori che teleriscaldano le loro abitazioni. E A MODENA? Gli inceneritori, per operare, devono rispettare prescrizioni precise, essendo impianti pericolosi ed impattanti sulla salute. Tali prescrizioni sono contenute nell’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata dalla Provincia a suo tempo. L’aia dell’inceneritore di Modena prevedeva che, prima della messa a regime nel 2010, venisse presentato il “Progetto Definitivo del Teleriscaldamento della città”. Hera lo ha fatto, presentando il Progetto, in pompa magna, il 18 marzo 2009 al Baluardo Cittadella. Nel 2010 l’inceneritore da 180 mila tonn/anno (oggi 240mila) è entrato in funzione a regime. E il teleriscaldamento che doveva servire il comparto ex Mercato Bestiame, Uffici Pubblici, scuole (Barozzi, Corni, Polo Leonardo, Villaggio Giardino), evitando la immissione in atmosfera di migliaia di tonnellate di CO2 e consentendo il risparmio di migliaia di tonnellate. Equivalenti di petrolio? Non è mai stato realizzato. Hera ha risparmiato un investimento di oltre 100 milioni

di euro a beneficio della città, ha potenziato il suo inceneritore ed i modenesi sono rimasti “cornuti e mazziati”. Così gira il mondo. Tutto il resto è noia.

* fino al 2010 presidente . Osservatorio Ambientale . Termovalorizzatore . («dimessomi . per motivi di coscienza». ).

 

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