Per il pirogassificatore si profila un’intesa a tre

di Silvia Pieraccini

Potrebbe essere davvero l’uovo di Colombo, la soluzione rincorsa da anni per “salvare” in un colpo solo due filiere industriali strategiche per la Toscana, e soprattutto per l’area di Lucca: da una parte quella del riciclo della carta, che alimenta le aziende produttrici di cartone per imballaggi ma produce fanghi (il cosiddetto pulper) da smaltire a costi oggi proibitivi; dall’altra quella della fabbricazione di rame e leghe, altamente energivora, che ha bisogno di abbassare i costi e di aumentare le quantità prodotte per rimanere competitiva sul mercato.

Questa seconda filiera è dominata dal gruppo metallurgico Kme, artefice di un progetto che sembra uscito dal cilindro di un mago: costruire un impianto – un pirogassificatore – che brucia i fanghi da riciclo della carta (120-130mila tonnellate all’anno) e produce energia elettrica per uso diretto, all’interno della maxi area industriale (450mila metri quadrati) di Fornaci di Barga, in Garfagnana, in cui lavorano 560 persone.

L’investimento vale 64 milioni di euro e comprende, oltre al pirogassificatore con una potenza di 10 megawatt, un secondo forno elettrico per la fusione del rame, che assicurerebbe alla fabbrica più flessibilità produttiva rispetto al vecchio forno a metano (ora spento). L’obiettivo di Kme è aumentare la produzione, passando dalle 55mila tonnellate attuali a 85mila tonnellate all’anno, così da rilanciare e dare una prospettiva industriale allo stabilimento a ciclo integrato e riassorbire il personale in esubero (85 persone). L’accordo sindacale sugli ammortizzatori sociali (contratto di solidarietà) scadrà a fine settembre. Ben prima di allora – già nelle prossime settimane – dovrebbe arrivare la soluzione allontana-crisi: la firma di un accordo di programma a tre, Kme-Regione-aziende cartarie del distretto lucchese, destinato a dare il via al processo di approvazione del pirogassificatore.

La condizione irrinunciabile è che il nuovo impianto abbatta le emissioni inquinanti della fabbrica. Ma non è una condizione posta dai comitati locali o dai sindacati: è prescritta dalla stessa Kme. «Il principio inderogabile da rispettare – sostiene l’azienda – sarà il miglioramento ulteriore del livello di emissioni globali della fabbrica, anche se già oggi siamo al di sotto dei limiti stabiliti dalla legge. E l’obiettivo sarà raggiunto sotto la supervisione e certificazione di enti terzi accreditati e riconosciuti».

Il pirogassificatore fa parte di un più ampio progetto di rilancio dello stabilimento Kme che comprende anche la nascita di un’Academy dell’economia circolare, ambito in cui l’azienda ha una lunga esperienza (attualmente circa il 90% della produzione proviene da rottami e non da materia prima di miniera). Nel polo dell’economia circolare potranno lavorare 5-10 persone, mentre 35 saranno impiegate nel pirogassificatore e altre 90 serviranno per aumentare i volumi produttivi: nel complesso dunque l’intero progetto potrà portare 135 posti di lavoro. «Kme vuole impostare una strategia di rilancio a medio-lungo termine – afferma Claudio Pinassi, amministratore delegato di Kme Italy – che consenta di mantenere e rafforzare la leadership nel settore. Ma per farlo il nodo cruciale da affrontare è quello dei costi energetici».

L’”uovo di Colombo” questa volta sembra a portata di mano: se non interverranno ostacoli e veti, la Toscana potrebbe avere il suo primo pirogassificatore a “chilometro zero”, alimentato dal pulper prodotto poco più a valle.

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