Dati ARPAT 2018: i camion (piro)elettrici ci salveranno?

E’ stata recentemente pubblicata la nuova relazione ARPAT sulla qualità dell’aria a Fornaci di Barga, in base ai dati della rilevazione effettuata da centralina mobile nel 2018 per biossido di azoto e di zolfo, monossido di carbonio e  polveri sottili, sia PM 10 che PM 2.5; la relazione completa è disponibile sul nostro sito nell’apposita sezione.

Mentre per le prime tipologie di inquinanti non emergono criticità particolari, sulle polveri sottili invece registriamo una continuità preoccupante con le precedenti campagne del 2011 e del 2016; non solo ma in questa campagna è stata misurata anche la componente fine, ovvero il PM 2.5, che è quella indubbiamente più pericolosa per la salute umana, ed è proprio da qui che emergono i dati più allarmanti.

Per quanto riguarda il PM10, i dati salienti sono i seguenti:

  • Il valore medio rilevato nel periodo è stato di 29 μg/m3, inferiore al limite di legge di 40 μg/m3, ma comunque superiore al valore guida fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pari a 20 μg/m3;
  • Proiettando i dati sui 365 giorni, si conferma anche da queste rilevazioni il superamento del valore limite di 50 μg/m3 per più di 35 giorni l’anno;
  • Si conferma la scarsa rappresentatività dei dati della centralina di Fornoli per quanto riguarda la zona fornacina, in quanto in media a Fornaci si hanno valori di PM10 del 20% superiori rispetto a Fornoli;
  • Si conferma inoltre che i valori di PM10 registrati a Fornaci risultano molto superiori a quelli di altre centraline della “Zona collinare e montana”; in particolare paragonando con le centraline di Bracci, Poggibonsi, Casa Stabbi e Montecerboli si hanno valori nettamente superiori sia della media giornaliera che del 10% dei valori più alti (decimo percentile);

Se già questi dati risultano assai preoccupanti, andando a vedere le misurazioni della frazione fine PM2.5 questi sono ancora più allarmanti; si rileva infatti che:

  • Il valore medio rilevato nel periodo è stato di 24 μg/m3, praticamente pari al valore di limite di legge di 25 μg/m3 ma  più del doppio del valore guida fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pari a 10 μg/m3;
  • Sui 76 giorni di rilevazione il valore OMS è stato superato per ben 58 giorni mentre il ben più alto limite di legge è stato comunque superato per 31 giorni!
  • Confrontando i valori con quelli della stazione di Capannori, si ha una sostanziale equivalenza nel valore medio rilevato, mentre i valori di Fornaci risultano persino superiori per 22 giorni su 76; tenendo conto che la zona di Capannori è caratterizzata dalla presenza dell’autostrada, da un forte traffico pesante e da molteplici insediamenti industriali, questo dato testimonia come la qualità dell’aria di Fornaci sia assimilabile più a quella di un’area industriale che di un’area montana.

Sottolineiamo un’altra parte molto significativa della relazione ARPAT, ovverosia quella dei dati riferiti alla ventilazione, rilevati dalla medesima centralina mobile: si legge a pagina 50 che “nel sito di Fornaci di Barga si nota che la calma o i fenomeni di bava di vento sono in netta predominanza su tutti i fenomeni ventosi, come ben evidente dalla Tabella A.2 sopra riportata; tale tabella riporta come in inverno i giorni di calma di vento sono l’80% del totale mentre nelle altre stagioni superano il 90% del totale; pensate che nel modello di dispersione degli inquinanti presentato da KME si afferma che i dati della centralina di Barga non sarebbero affidabili e sovrastimerebbero i giorni con calme di vento dato che sarebbero “addirittura” il 55% del totale. Magari fosse così, ci viene da dire!

Di fronte a dati di questo genere, ci chiediamo come si possa ancora aspettare a dotare Fornaci di una centralina di rilevazione fissa della qualità dell’aria, oltre ad adottare sul territorio comunale un piano di risanamento della qualità dell’aria che ci pare davvero urgente; speriamo che la futura amministrazione, di qualsiasi colore sia, prenda questi impegni come assolutamente prioritari.

D’altro canto in questi giorni abbiamo assistito all’ennesima campagna di marketing targata KME, intenta a rifarsi un’immagine ambientalista o forse a distrarre l’attenzione dal suo discutibile progetto con quello che pare l’ennesimo specchietto per le allodole, ovvero l’auto elettrica e gli “avveniristici camion elettrici” che trasporterebbero il buon pulper (e chissà cos’altro) nel “modernissimo” gassificatore; un quadretto davvero idilliaco che però stride non poco con le emissioni di metalli pesanti e diossine dello scenario futuro del progetto, non esattamente trascurabili come ci dice anche il parere Arpat al progetto stesso. E che stona anche con le quasi 153.000 tonnellate di Co2 l’anno emesse dal gassificatore dichiarate in AIA, una quantità pari a quella di circa 70.000 auto diesel euro 6 che percorrono 20.000 km l’anno; non proprio entusiasmante per chi oggi sciopera giustamente contro i cambiamenti climatici e l’emissione di gas serra.

Ma in fondo, cosa volete che sia: un bel giro sulla Tesla val bene qualche tonnellata di fumi tossici in più. O no?

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