Inchiesta pubblica: a quando i festeggiamenti al Campone?
Si è tenuta venerdì 28 febbraio al Teatro dei Differenti la terza adunanza dell’Inchiesta Pubblica relativa al progetto del gassificatore KME: dopo l’esposizione del 21 febbraio del progetto da parte dei tecnici KME, è stata la volta delle parti che gli si oppongono (tutte le slides e le eventuali relazioni fatte per il Movimento La Libellula, sono disponibili pubblicamente in una apposita sezione del nostro sito accessibile dalla home page in alto a sinistra).
Tornando alla serata di venerdì, ha introdotto Paolo Fusco per il Movimento La Libellula elencando le posizioni del movimento, opposte a quelle di KME, sui criteri escludenti (tra cui quello ben noto del divieto di costruzione di impianti di incenerimento nella fascia tutelata del fiume) e penalizzanti (tra cui le condizioni climatiche sfavorevoli della nostra valle) del Piano Regionale di Gestione Rifiuti e Bonifica dei Siti Inquinati (PRB).
L’intervento di Fusco ha riguardato le note questioni delle condizioni meteo sfavorevoli, non riconosciute da KME: quindi, le calme di vento, ben superiori a quelle utilizzate da KME nella sua modellistica, e comprovate anche dalla campagna ARPAT del 2018; la bassa diffusività atmosferica della Valle del Serchio già riconosciuta dal Lamma e accolta anche nel nuovo Piano Strutturale Intercomunale (PSI); l’inversione termica, fenomeno anche questo ben noto e causa di ristagno di inquinanti e anch’esso riconosciuto come tipico delle nostre zone nel PSI, nonché riconosciuto come deleterio dalla “Guida per la gestione dei rifiuti in aree di montagna” della Commissione Europea per l’ubicazione di impianti di incenerimento (scaricabile qui).
E’ poi passato a parlare della condizione sanitaria della Valle del Serchio, analizzando la completa inadeguatezza dello studio di impatto sanitario condotto da KME: sia nel metodo, non avendo l’azienda in alcun modo collaborato con la comunità locale quantomeno nella scelta delle patologie significative della zona da analizzare, che è la base di una buona VIS (valutazione di impatto sanitario); ma anche nei contenuti, essendo la relazione del consulente prof. Paolo Boffetta assolutamente lacunosa rispetto ai dati epidemiologici più aggiornati ovvero quelli di ARS (Agenzia Regionale di Sanità), ignorando tra le altre anche le malattie renali, emerse in primo piano nella nostra valle, che la letteratura lega all’inquinamento da cadmio e metalli pesanti e oggetto di studio epidemiologico partecipato (progetto “Aria di Ricerca in Valle del Serchio” – unico progetto finanziato dalla UE in Italia).
Fusco ha concluso con un invito che riteniamo particolarmente importante verso l’azienda ossia quello a realizzare uno studio sanitario di coorte sui propri dipendenti, presentando le singole cause di mortalità a partire almeno dal 1976 (data da cui abbiamo i dati epidemiologici della zona) fino ad oggi; in questo modo si potrebbe verificare se i tassi di mortalità dei dipendenti sono o meno compatibili con quelli medi della valle per confermare che effettivamente gli impatti sanitari di questa attività industriale siano irrisori, come affermato da KME.
Ha preso poi la parola Andrea Elmi, presidente provinciale Coldiretti, che ha elencato i possibili danni che potrebbero venire alle attività agricole e agrituristiche della zona dalla realizzazione del gassificatore; attività i cui numeri sono di tutto rispetto (diverse centinaia di unità produttive in Media-Valle) e che hanno ricevuto negli ultimi anni milioni di euro di finanziamento dalla stessa Regione Toscana che ci ha puntato fortemente; danni che potrebbero riguardare le attività di pregio della zona, tra cui un primo rilievo va dato all’apicoltura, api che rappresentano fra l’altro degli importanti bio indicatori e che KME ha completamente ignorato nella sua analisi.
La parola è poi tornata a un altro esponente di Libellula, Francesco Bertoncini, il cui intervento, assai colorito come è nel carattere polemico del personaggio, ha riguardato due fondamentali aspetti del progetto: la riduzione dell’impatto ambientale e l’insostenibilità del costo energetico, che rappresentano rispettivamente la condizione necessaria per l’autorizzazione l’una e la causa del progetto l’altra.
Riguardo al primo ha mostrato come i dati di KME sui flussi di massa autorizzati degli inquinanti non hanno nulla a che fare con quelli reali prendendo a riferimento misurazioni fatte dalla stessa azienda che ne sono estremamente distanti e dunque non possono essere considerati rappresentativi; oltretutto, se anche risultassero delle riduzioni sugli inquinanti della metallurgia, queste sarebbero dovute principalmente alla osservazione obbligatoria dei limiti di legge imposti dalle BAT del 2016 sulle industrie dei metalli non ferrosi, non certo al progetto; nel secondo, usando dati ufficiali derivanti dai bilanci KME, dal progetto e dalle autorità competenti sulle aziende energivore (Cassa Servizi Energetici e Ambientali) e sui prezzi energetici (Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente) ha dimostrato fuori da ogni dubbio che non esiste alcun problema di competitività derivante dal costo energetico e che il progetto in essere non è nemmeno in grado di ridurre il costo stesso rispetto all’acquisto sulla rete, ma anzi è probabile che esso aumenti, concludendo che non può avere altra finalità se non quella di portare lo stabilimento verso il business dei rifiuti, con tutte le conseguenze del caso sia nella definizione dell’impianto, che è evidente essere volto al trattamento dei rifiuti e non alla produzione di energia, ma anche sociali, dato che il business dei rifiuti non richiede certamente il mantenimento dei livelli occupazionali attuali.
Ha infine concluso la serata Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Italy e Zero Waste Europe, che ha ribadito come anche dal punto di vista tecnico l’impianto non possa essere definito di co-incenerimento, in quanto l’aspetto di trattamento dei rifiuti rimane di primaria importanza rispetto all’eventuale trattamento di combustibili ausiliari (la biomassa, genericamente inserita nelle integrazioni); coinceneritori sono generalmente considerati, a certe condizioni, solo i cementifici e le centrali termoelettriche, impianti in tutto e per tutto diversi da quello in oggetto. Si ricade quindi pienamente nel vincolo escludente, sia dal punto di vista economico che tecnico.
Ci auguriamo che l’esposizione sia stata comprensibile a tutti, come si augurava giustamente il gruppo di minoranza consiliare di Barga, Progetto Comune, e che nelle prossime serate si possa avviare anche un contraddittorio tra le parti con la partecipazione del pubblico, non facile per ora dati i tempi stretti e la numerosità delle esposizioni in scaletta.
Al gruppo di Feniello aveva del resto già risposto la KME, coi consueti toni “distensivi” e “concilianti” che la contraddistinguono quando deve relazionarsi con la comunità locale; che dire? Da parte nostra abbiamo la netta impressione che se questo progetto sta ancora in piedi presso la Regione Toscana, è solo ed esclusivamente grazie all’appoggio politico di cui ha goduto, almeno inizialmente, in certi ambienti fiorentini, perché dal punto di vista dei “dati oggettivi” fa acqua (o fumo, se preferite) da tutte le parti; ma crediamo anche che un progetto così strampalato prima o poi dovrà necessariamente essere rigettato, seppur a malincuore, dal Signor Rossi (o da chi verrà dopo di lui). E per allora dovremo necessariamente organizzare un evento di festeggiamento “ludico” e a base non solo di “panini” magari, perché no, anche al Campone.