Pirolisi a Retorbido: dilettanti allo sbaraglio

11.05.2015

Cari amici di Noise from Pavia dobbiamo fare ammenda.

Non ci siamo ancora occupati del progetto di insediamento dell’impianto di pirolisi a Retorbido. Non l’abbiamo ancora fatto poiché mi ero convinto che si trattasse dell’ennesimo caso di NIMBY (vedi Autostrada Broni-Mortara).

Scusatemi, mi sono sbagliato. La domanda nasce spontanea: perché in questa Provincia ogni iniziativa economica sembra ispirata da dilettanti allo sbaraglio?
Il mio amico Giuseppe Giovanetti (responsabile della facoltà di  Scienze Motorie – distaccamento di Voghera) mi ha fatto ricredere, sottoponendomi i vari pareri presentati al Comune di Retorbido.
Vi confermo tutte le perplessità legate alle tematiche ambientali ma sono rimasto basito quando ho analizzato la parte economico-finanziaria del progetto (o meglio quando non l’ho vista!).
Ricapitoliamo i termini della questione: vi è un progetto presentato alle varie Autorità Amministrative a vari livelli (Comune, Provincia e Regione) per riconvertire un impianto di laterizi (ex Valdata) in un impianto di pirolisi, con l’obiettivo di bruciare a regime 100.000 tonnellate di pneumatici al giorno. L’impianto in questione ha i seguenti limiti operativi:
A) si tratta di una tecnologia obsoleta usata solo in un paio di siti tutti ubicati in Giappone (in pratica la usa solo la Nippon Steele in un suo impianto);
B) la pirolisi non è tra i possibili trattamenti previsti dal piano regionale sullo smaltimento rifiuti;
C) le scorie non lavorabili sono decisamente troppo importanti (basti pensare che uno dei prodotti del processo è il carbone!);
D) il Consorzio di smaltimento dei pneumatici indica la capacità produttiva di un simile impianto in 34.000 ton al giorno (un terzo di quello previsto a Retorbido); Consorzio non molto sentito dalla Società presentatrice del progetto poiché, oltre a porre dei limiti di capacità produttiva, esso consiglia di ubicarli al sud o nelle isole (mi sbaglierò ma Retorbido non fa più parte del Regno di Sardegna ma si trova in Lombardia).
La parte finanziaria del progetto è a dir poco esilarante:
A) è stata costituita una società veicolo sotto forma di s.r.l., con ben 110.000 € (sì, avete letto bene cento-diecimila-euro) di capitale sociale;
B) oltre a non aver la benché minima patrimonializzazione, non è ben chiara né la compagine societaria né le garanzie patrimoniali o finanziarie che essa potrebbe vantare. In particolare l’assenza di indicazioni sugli azionisti autorizza la fantasia a galoppate in vastissime praterie (da soci locali che non vogliono comparire a cordate di capitali illeciti da collocare per citare quelle più improbabili).
In pratica se noi del blog volessimo presentare il nostro progetto riusciremmo con le nostre sole forze: ma fateci il piacere!
Tornando seri, ritengo che sia necessaria maggiore trasparenza su chi siano i soci: se si presentasse la Nippon Steele (che già gestisce un impianto simile)  o colosso similare avremmo garanzie patrimoniali e tecnologiche ben diverse rispetto ad un “pinco pallino” qualsiasi. In particolare in caso di disastro ambientale si avrebbe come interlocutore un’azienda in grado di far fronte alle proprie responsabilità.
Ma se le cose stanno come indicato perché preoccuparsi? I tecnici regionali lo bocciano senza leggere il progetto poiché contrario alla legge.
Siamo preoccupati perché sembra l’ennesimo film già visto di commedia all’italiana, dove tutti sono contrari: i Cittadini, i Sindaci in nome dei Comuni in oggetto e limitrofi, la Provincia e (forse) la Regione.
I Comitati sono agguerriti e pronti alla battaglia: fanno manifestazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica e organizzano le risorse per essere presenti nei vari passaggi.
E poi?
Poi sempre il giorno dopo o nella stanza vicina si stacca un sassolino; questi blocca l’ingranaggio e in dieci anni avremo l’ennesimo eco-mostro in Oltrepo.
Claudio Nonna
@ClaudioNonna

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