Nell’Unione Europea, il crescente consumo di biomassa per il riscaldamento degli ambienti domestici – ma più in generale anche per la produzione di energia – è ascrivibile sia a politiche di risposta al cambiamento climatico che favoriscono il ricorso a fonti di energia rinnovabile che, in alcuni casi, a ragioni di convenienza economica, specie laddove si rilevano condizioni di povertà energetica e la materia prima può essere raccolta a livello locale. Tuttavia, questo aumentato e crescente utilizzo è fonte di preoccupazione per via del rilevante contributo della biomassa alle emissioni di particolato (PM -Particulate Matter) rilasciate durante la combustione e ritenute pericolose per la salute umana.

Sul tema degli impatti sulla salute, gli studi condotti in riferimento ai paesi sviluppati sono ancora pochi; all’opposto, esiste una vasta e ben documentata letteratura scientifica circa l’impatto negativo che l’uso domestico della biomassa per cucinare e per riscaldarsi può produrre nei paesi in via di sviluppo. In particolare, secondo questi studi esiste una relazione di causa-effetto tra l’emissione di PM e l’insorgere di infezioni respiratorie acute nei bambini, di broncopneumopatia cronica ostruttiva negli adulti e lo sviluppo di cataratta nelle donne che abitano nei paesi in via di sviluppo. Sempre in queste aree, i fumi emessi dal processo di combustione della biomassa nelle abitazioni sono stati classificati come “probabilmente cancerogeni” per l’uomo dall’International Agency for Research on Cancer (IARC).

Ma torniamo al focus di questo articolo, vale a dire i paesi sviluppati. Relativamente all’Europa, stime condotte su diversi paesi indicano che la combustione della biomassa (soprattutto legnosa) ha contribuito in modo sostanziale ad aumentare la concentrazione di PM nell’aria ambiente. In Danimarca e Svezia, ad esempio, la concentrazione di inquinanti atmosferici derivanti dalla combustione di legna nelle aree rurali – in cui il traffico veicolare è quindi limitato –   si colloca nello stesso range di quella generata da elevati livelli di traffico nelle città più grandi. In alcuni paesi europei, fra cui Svezia, Finlandia, Germania e Austria, la percentuale di PM2,5 (polveri sottili dal diametro uguale o inferiore a 2,5 micron – µm) derivante dalla combustione di biomasse per uso residenziale è pari al 15-25%, quota che supera il 50% nelle località ubicate nelle valli alpine.

Le prospettive non sono ottimistiche nemmeno per il futuro: al 2020, alcune stime indicano che la combustione per uso domestico della biomassa/legna rappresenterà la principale fonte di emissione di particelle primarie sottili, arrivando a pesare per il 38% delle emissioni totali.

Ad oggi, gli ambiti di utilizzo della biomassa nell’UE sono molteplici: riscaldamento domestico; teleriscaldamento; produzione di calore ed elettricità nell’industria. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, si tratta di apparecchiature il cui livello tecnologico è ancora basso, così come poco performanti sono le prestazioni di termini di efficienza nella combustione e di emissioni. A questo vanno aggiunti i fattori comportamentali degli utenti: è generalmente risaputo, anche se poco documentato, che la dimensione della legna utilizzata, il suo contenuto di umidità, la procedura di accensione, la temperatura di combustione e le modalità di manutenzione possono contribuire significativamente ad aumentare le emissioni.

È innegabile che i recenti sviluppi abbiano portato all’ideazione di sistemi moderni caratterizzati da minori emissioni, ma ciò è vero solo in determinate condizioni di utilizzo che non sempre si verificano. In sostanza, esistono ancora ampi margini di riduzione.

Ma quali sono gli effetti diretti sulla salute?

La poca letteratura scientifica disponibile consente solo di riportare gli esiti di alcuni studi epidemiologici che tuttavia forniscono indicazioni parziali e non sempre generalizzabili. A Seattle negli Usa e a Vancouver in Canada, dove in inverno la combustione di legna per uso residenziale contribuisce in maniera significativa all’inquinamento atmosferico da PM, sono state condotte diverse analisi sugli impatti che ne derivano sulla salute umana. Per la città di Seattle, è emerso come vi sia una correlazione tra l’elevata presenza di PM2,5 durante la stagione fredda e la mortalità generale e cardiovascolare (ma non respiratoria). Altri studi indicano che la presenza di PM è correlata positivamente a problemi respiratori (congestione toracica e respiro affannoso) nei bambini piccoli, all’aumento dell’uso di farmaci, alla diminuzione della funzionalità polmonare, a visite di emergenza per asma e ricoveri. A Vancouver, alcune analisi hanno evidenziato connessioni positive tra la mortalità generale e la presenza di PM10 in inverno.

Circa gli effetti dell’esposizione cronica o sub-cronica al PM derivante dalla combustione del legno per uso domestico, i modelli di analisi elaborati a Vancouver hanno evidenziato correlazioni positive con il basso peso alla nascita, bronchiolite infantile, otite media e ospedalizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva. Uno studio condotto nel sud della California, invece, ha riportato significative correlazioni positive tra le emissioni correlate alla combustione della biomassa e le nascite premature mentre non evidenzia connessioni con il basso peso alla nascita.

Per l’Europa gli studi sono molto scarsi. In un analisi condotta a Copenaghen sono emerse correlazioni tra la frazione di biomassa e ricoveri ospedalieri per problemi respiratori nelle persone anziane (di età superiore a 65 anni).

Implicazioni di policy

Da alcuni anni è stata riconosciuta la criticità dell’inquinamento atmosferico associato alla combustione della legna nei paesi scandinavi e alpini, soprattutto durante il periodo invernale. In Europa, la Direttiva sulle fonti rinnovabili che definisce l’obiettivo di una loro penetrazione del 20% sui consumi finali di energia entro il 2020 ha portato ad incrementare il ricorso alla combustione di legna / biomassa per la produzione di energia elettrica. Come accennato all’inizio, la combustione di biomassa dovrebbe diventare la principale fonte di emissioni primarie di PM nei prossimi 5-15 anni. Ciò compromette gli sforzi per ridurne la concentrazione in atmosfera al di sotto dei livelli previsti dalle Linee Guida vigenti sulla qualità dell’aria delineate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo, a sua volta, potrebbe portare ad un elevato numero di decessi prematuri in tutta Europa, altrimenti evitabili.

Tra il 2010 e il 2020 la produzione di energia da biomassa dovrebbe aumentare di una percentuale compresa tra il 57 e il 110% nell’UE. Ad oggi, i limiti sulle emissioni per i nuovi impianti a biomassa su piccola scala sono piuttosto tolleranti sia all’interno dell’UE che in generale nei paesi sviluppati; pertanto, sono facilmente soddisfatti dai sistemi odierni. Esiste poi un problema di disomogeneità tra i diversi paesi dove i metodi di misurazione applicati e i limiti emissivi variano significativamente. Si può comunque ritenere che gli sforzi sinora compiuti per lo sviluppo di dispositivi di controllo delle emissioni di particolato per queste unità siano stati insufficienti.

Tuttavia, la situazione è attualmente in fase di revisione e a livello di Unione Europea sono in fase di discussione standard di emissione molto più severi e armonizzati (Direttiva EcoDesign). In parallelo, lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche rende necessario educare gli utilizzatori di stufe a legna sulle migliori procedure di combustione da impiegare, sulla base delle più recenti ricerche sul tema. Tuttavia, gli impianti residenziali esistenti continueranno, con buona probabilità, a contribuire in misura significativa all’inquinamento atmosferico.

La crescente evidenza di effetti negativi sulla salute umana generati dalle emissioni associate alla combustione della biomassa pone questa fonte di energia rinnovabile in conflitto diretto con la sua percezione di fonte sicura e con il ruolo che dovrebbe avere nella lotta ai cambiamenti climatici. Per mitigare l’inquinamento atmosferico e i potenziali effetti correlati è necessario sviluppare tecnologie più efficienti. Oltre a questo, è fondamentale l’armonizzata adozione delle line guida sulla qualità dell’aria dell’OMS che indicano i valori di PM10 e PM2,5 (media annua della concentrazione di PM10 and PM2,5 pari a 20 e 10 μg・m−3, rispettivamente) necessari per tutelare la salute pubblica: il rispetto di tali limiti richiede lo sviluppo e l’implementazione di strategie di controllo della qualità dell’aria e l’applicazione delle best avaialble technologies in materia di combustione della biomassa, in analogia a quanto l’UE ha già fatto per il controllo delle emissioni dei veicoli.

L’articolo è una sintesi curata da RiEnergia di una più ampia analisi pubblicata sull’European Respiratory Journal e disponibile al seguente link