La grancassa continua a battere…

Non contenti del preavviso di diniego dato dalla Regione Toscana al progetto KME, i suoi sostenitori, più realisti del re, continuano a battere la grancassa.

E’ del 12 luglio scorso un articolo del quotidiano “la Repubblica” apparso nella cronaca fiorentina a firma Maurizio Bologni così titolato: “Per tutelare un rudere, no al pirogassificatore“. Un titolo del genere, che esula da una qualsiasi minimale conoscenza della questione, è senza alcun dubbio fuorviante, oltre ogni limite accettabile.

E’ vero che nell’articolo si enunciano poi anche altri (ma non tutti) motivi del diniego, ritenendoli tutti infondati ovviamente; ma intanto, come sa bene chi è del mestiere, il messaggio è passato. Falso, ma è passato.

Chi volesse conoscere realmente le ragioni del diniego, non ha che da consultare i pubblici documenti presenti sul sito della Regione, in particolare la comunicazione  da parte del settore VIA. E’ dunque stata solo o principalmente la “tutela del rudere” la ragione del diniego?

La questione “casa Buglia” è sì la prima riportata in elenco, ma non certo l’unica né la più importante; in merito, ci chiediamo soltanto  perché mai un comune cittadino dovrebbe chiedere una marea di carte anche solo per alzare un muretto in giardino, quando si permette a qualcun altro di abbattere un intero edificio senza alcun permesso (già, perché se alla giustificazione del maltempo non ha creduto neppure il TAR che parla di “circostanze non chiare, non univocamente dipendenti dal maltempo“, perché dovremmo farlo noi?)

Abbiamo poi nell’elenco:

  • il criterio escludente dell’invariante strutturale di valenza ambientale, che il Bologni chiama “dogma urbanistico” anche qui da far rispettare solo ai comuni mortali ma evidentemente non a KME;
  • la valutazione negativa del settore Tutela della Natura e del Mare, anche questa bocciata dall’esperto giornalista;
  • la valutazione paesaggistica negativa da parte del Comune e della Soprintendenza, a cui il Bologni replica con le rassicurazioni di KME stessa secondo cui l’impatto sarebbe già compromesso dagli edifici attuali (ci sfugge però dove sia attualmente una ciminiera di 50 metri, per esempio);

Infine “solo al penultimo posto” (da dove il Bologni tragga la conclusione che l’elenco è in ordine di importanza non è dato sapere) abbiamo la valutazione negativa relativa alla componente salute pubblica da parte della USL che il giornalista definisce come una “dichiarazione di impotenza” dato che, secondo lui, “vi si legge che non è al momento possibile definire con ragionevole certezza l’impatto del pirogassificatore sulla salute, nonostante la tranquillizzante ricerca che KME dice di aver svolto”. Di quanto fosse tranquillizzante la valutazione sanitaria di KME (e il suo autore) ne abbiamo già parlato a suo tempo; forse Bologni farebbe bene a chiedere informazioni al suo collega di testata Riccardo Staglianò in proposito.

Sarebbe utile anche una lettura più approfondita di quanto USL scrive sulla situazione sanitaria critica delle nostre zone, sullo studio di KME definito “incompleto e sommario“, su quanto esso sia incredibilmente basato su “dati stimati e quindi non reali“, un aspetto sul quale ci siamo soffermati anche durante l’inchiesta pubblica e che invalida da solo tutta l’analisi dell’impatto ambientale “migliorativo” su cui si è basata tanta propaganda da parte dell’azienda.

La salute pubblica, considerata bene assoluto nei mesi scorsi tanto da sacrificarvi, col lockdown, molti diritti costituzionali oltre a una recessione che si calcola a due cifre sul PIL; al contrario, un fastidioso orpello del quale si può fare a meno insieme al principio di precauzione, quando si tratta del progetto KME, i cui effetti economici e occupazionali sono peraltro assai dubbi, come abbiamo discusso in questi anni; non male come contraddizione.

Bologni poi dimentica che, oltre agli elementi ostativi di cui sopra, ve ne sono altri tutt’altro che chiariti dall’azienda e che potrebbero risultare a loro volta ostativi, tra cui la questione delle bonifiche in atto sull’area prescelta per il progetto, la documentazione carente per il permesso a costruire, le carenze rilevate dai Vigili del Fuoco sulle misure atte a contenere i rischi di incendio ed esplosione (non esattamente un aspetto secondario per questi impianti, come già avevamo discusso in un nostro articolo).

Infine, la questione inceneritore/coinceneritore, abbondantemente discussa sia nelle osservazioni alle integrazioni che durante l’inchiesta pubblica. A proposito della quale non possiamo non citare la risposta, davvero sconcertante, fornita dai tecnici di KME. In pratica, secondo loro (slide 8 delle controdeduzioni KME), l’impianto si configurerebbe come coinceneritore in quanto (domanda 4) il combustibile non sarebbe composto da materiali misti bensì paragonabile a un combustibile vergine come la legna!

Avete capito bene! Lo scarto di pulper (di per sé un mix di plastiche, metalli, vetro, sabbia, ecc) mischiato con CSS (combustibile da rifiuti urbani), scarti tessili, scarti da demolizione e quant’altro ( si vedano le pagg 13-14 della Relazione Integrativa) , sarebbe un materiale omogeneo come la legna. Tutto questo perché se invece si fosse dichiarato combustibile misto, come certamente è, la domanda successiva della check-list suggerita dalla Regione Toscana (non mostrata) richiederebbe la presenza di impianti di pre-trattamento delle varie tipologie di rifiuto per essere configurabile come co-inceneritore, che però sono assenti nel progetto; ergo l’impianto è ovviamente un inceneritore, incontrando l’ennesimo vincolo escludente in base al PRB.

Una breve menzione merita poi l’ultimo dei politici accodati alla schiera del “non mi occupo di questioni tecniche, decidano gli enti preposti“: tale Alberto Baccini, coordinatore di Italia Viva. Sinceramente, non abbiamo mai compreso il fine di tali dichiarazioni, nel migliore dei casi inutili, come ci parrebbe poco utile il ruolo di un politico locale che rinuncia a farsi una propria opinione, certamente informata, su una questione così rilevante per il suo territorio; nel peggiore, solo un altro modo di strizzare l’occhio all’azienda in cerca di voti (e in passato questo non ha portato molto bene, ci pare).

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